Aspettando la fine della guerra. Lettere dei prigionieri cinesi nei campi di concentramento fascisti - 9788843096282

Aspettando la fine della guerra. Lettere dei prigionieri cinesi nei campi di concentramento fascisti: Durante la Seconda guerra mondiale, due terzi dei cittadini cinesi d'Italia vennero internati nei campi di concentramento riservati ai "sudditi di paesi nemici" che non era possibile rimpatriare. Sebbene fossero solo poche centinaia di persone, molte vivevano in Italia da anni e si erano ben inserite nella società e nell'economia di diverse città. La documentazione relativa a questo episodio dimenticato della nostra storia offre informazioni fondamentali per comprendere la nascita e lo sviluppo della diaspora cinese in Europa, in particolare della migrazione dei cinesi originari della regione del Zhejiang verso il nostro paese. La maggior parte dei cinesi che vivono in Italia oggi, infatti, appartiene ai medesimi lignaggi famigliari cui apparteneva quella prima generazione di migranti. Negli scritti degli internati riaffiorano testimonianze inedite di un'esperienza traumatica e disorientante, che la stessa storiografia cinese della diaspora ha in larga misura rimosso.
During World War II, two-thirds of Italy's Chinese citizens were interned in concentration camps reserved for "southern countries" that could not be repatriated. Although there were only a few hundred people, many had lived in Italy for years and had been well integrated into the society and economy of several cities. The documentation for this forgotten episode of our history provides fundamental information to understand the birth and development of the Chinese diaspora in Europe, in particular the migration of Chinese originating in the Zhejiang region towards our country. Most of the Chinese living in Italy today, in fact, belong to the same family lineages to which that first generation of migrants belonged. In the writings of the internees, unpublished testimonies of a traumatic and disorienting experience emerge, which the Chinese historiography of the diaspora itself has largely removed.